Secondo le Nazioni Unite dal 2015 sono stati oltre cinque milioni i venezuelani costretti a scappare dal proprio paese a causa della gravissima spirale di instabilità politica che si protrae da quasi 30 anni, e che ha portato ad un clima economico e sociale disastroso, con pessima qualità di vita e carenza di prodotti essenziali come cibo, medicine e carburante. La Pandemia da Covid 19 non ha interrotto il flusso di migranti, l’esodo è diventato solo più complicato e pericoloso.
Le rotte che passano in primis dalla Colombia e più precisamente da Cucuta, città di confine, arrivano poi in Ecuador e Perù. Ora i migranti, poveri disperati e senza speranza di futuro in Venezuela, procedono a piedi lungo strade di montagna dove non trovano più né la solidarietà di camionisti disposti a fornire passaggi gratuiti, né la solidarietà della popolazione locale, impaurita dal rischio di contagio. I rifugi costruiti lungo le rotte principali sono stati chiusi per evitare i grandi assembramenti al chiuso, ed i governi che hanno imposto la chiusura delle frontiere mettono i migranti nelle mani di trafficanti senza scrupoli che controllano gli attraversamenti illegali delle frontiere.
Il maggior peso di questo esodo è sopportato proprio dalla Colombia dove si calcola che si siano fermati ad oggi circa 1,7 milioni di migranti venezuelani di cui circa la metà senza uno status legale.
La Colombia è una nazione di 50 milioni di persone che ha registrato finora oltre due milioni di casi di virus con 56.000 morti. Eppure il Presidente della Colombia Iván Duque, dopo un primo appello per un supporto internazionale concreto, ha invertito la politica nazionale secondo la quale i venezuelani privi di documenti sarebbero stati esclusi dalla campagna di vaccinazione anti-Covid, ed ha annunciato di voler riconoscere e dare protezione legale temporanea (per 10 anni) a circa un milione di rifugiati venezuelani privi di permesso di residenza; questo consentirà loro di lavorare ed ottenere l’accesso ai servizi sanitari e quindi alla vaccinazione.
La decisione del Presidente Dunque, di alto valore umanitario, è stata elogiata dall’alto commissario Onu per i rifugiati Filippo Grandi e in una conferenza stampa congiunta viene definita un “gesto storico ed emblematico per la regione e per il mondo intero; c’è da sperare che altri paesi seguano l’esempio”.