Introduzione
Il 9° “Pediatric Surgical Camp” si è svolto dal 20 gennaio al 5 febbraio 2015 presso il St. Mary’s Hospital di Lacor. Come nelle missione umanitarie precedenti è stato organizzato per correggere malformazioni congenite in lista di attesa, ed è stato realizzata con le collaborazioni – missioni umanitarie di “SURGERY FOR CHILDREN” di Vicenza, UNIVERSITA’ “FEDERICO II” di Napoli e FONDAZIONE CORTI di Milano.
Team
Vi hanno preso parte 9 volontari “in ferie”: 2 chirurghi pediatri (S. d’Agostino, Ospedale S. Bortolo di Vicenza e B. Cigliano, Università “Federico II di Napoli), 2 anestesisti: (F. Masciopinto, Policlinico Sant’Orsola di Bologna e D. Gelormini, Azienda Universitaria Ospedaliera Integrata di Verona) 5 infermiere (A.M. Doro da Napoli, L. Barro da Treviso, F. Nulli da Imola e C. Sellaro e M. Baccarin da Vicenza).
La missione inizialmente programmata per il novembre 2014, era stata rinviata per le difficoltà ad ottenere le ferie da parte dei volontari, e questo problema ha condizionato poi anche la missione successiva: infatti nonostante il 9° “Pediatric Surgical Camp” sia stata ridotto a 17 gg rispetto alle abituali 3 settimane, 1 chirurgo, 1 anestesista ed 1 infermiere sono stati lo stesso impossibilitati a partire; e con minor tempo a disposizione e minor numero di volontari, un minor numero di bambini ha avuto la possibilità di essere curato.
Svolgimento della missione
All’arrivo a Lacor, accampati nei cortili interni dell’ospedale c’erano ben 120 pazienti, di età variabili da pochi mesi a 26 anni, ognuno con la propria storia di sofferenza ed emarginazione.
Il 35% erano pazienti già noti (o controlli di interventi, o pazienti rinviati, o parzialmente trattati in attesa della ricostruzione definitiva,); le patologie riguardavano le malformazioni congenite solite già viste in missioni umanitarie precedenti: ani imperforati, megacolon agangliari, ipospadie, anomalie della differenziazione sessuale, estrofie/epispadie, valvole dell’uretra posteriore ed altre uropatie…
Una marea umana con lesioni gravi ed invalidanti, proveniente da villaggi distanti anche giornate di cammino a piedi, pre-avvertite direttamente dai medici e dai cartelli in lingua acholi affissi all’interno dell’ospedale, o attraverso gli annunci radio ed il tam-tam dei vecchi pazienti.
In attesa c’erano famiglie intere, non rassegnate, pronte a sconvolgere la loro poverissima economia familiare pur di dare una speranza di futuro ai propri cari: Intervento chirurgico ed “alloggio” (i corridoi dell’ospedale) sono gratis; costano invece in modo sconsiderato rispetto alle possibilità, i trasporti ed i pasti per i malati e gli accompagnatori che sono in genere le madri (con almeno 1 figlio più piccolo e spesso anche 2 attaccati al seno) ed il padre o la nonna; i fratelli più grandi (la media nazionale parla di 7 figli vivi/ x donna) rimangono di solito da soli al villaggio.
Il St. Mary's Hospital
Il St. Mary’s Hospital, principale ospedale di riferimento del Nord-Uganda, è da sempre impegnato ad offrire le “miglior cure possibili al maggior numero di persone possibile”, e con molta lungimiranza da 9 anni ha avviato la collaborazione con SFC per la chirurgia ricostruttiva delle malformazioni congenite; nel corso degli anni il numero di malati è aumentato in maniera esponenziale, a conferma di un “bisogno” della popolazione in questo ambito che è sottovalutato e che non trova risposte adeguate in loco.
Ai 9 volontari viene aggregato il solito medico tirocinante, ed il lavoro inizia con lo screening (clinico, radiologico e di laboratorio) per la selezione dei pazienti operabili (ricevuto “verdetto positivo” essi resteranno in attesa di veder inserito il loro nome nelle liste operatorie stilate di giorno in giorno), e con il controllo dei materiali e della strumentazione di sala operatoria.
Con grande soddisfazione si scopre che il ventilatore pediatrico donato lo scorso anno non solo è funzionante, ma è stato anche utilizzato recentemente dagli anestesisti locali (che tranne uno non sono medici ma infermieri specializzati), per salvare la vita di un piccolo di 4 mesi con insufficienza respiratoria acuta.
Sorpresa negativa è stata invece quella di trovare aperti ed in grande disordine i pacchi con gli strumenti donati dall’ospedale di Imola e spediti con un container. Si tratta soprattutto di respiratori per l’anestesia che rimontati e rimessi in funzione avrebbero dovuto essere utilizzati per migliorare il training dei tecnici di anestesisti locali. La responsabilità è probabilmente di funzionari doganali un po’ troppo solerti……
Gli anestesisti di S.F.C., entrambi alla prima missione presso il S.Mary’s Hospital, dimostrano subito notevole capacità di adattamento e pur in un contesto “non abituale”, affrontano con umanità e competenza interventi complessi, in pazienti con altri gravi problemi concomitanti : anemie severe, basso peso, malnutrizione, malaria, broncopneumopatie…
Le operazioni
Grazie alla fiducia ed all’empatia instaurata negli anni, tutto il personale dell’Ospedale, in reparto, terapia intensiva e sala operatoria, è da subito estremamente collaborativo, e si rende disponibile a lavorare anche a notte inoltrata ed il sabato senza alcun problema.
Alla fine in 11 giorni lavorativi (esclusi giorni di viaggio e domeniche) sono sottoposti a complessi interventi ricostruttivi, dai chirurghi e dagli anestesisti italiani ed ugandesi integrati tra di loro, ben 33 bambini, che sono però un numero esiguo rispetto ai tanti in attesa! Oltre una sessantina infatti sono quelli costretti a ritornare alle loro capanne nelle stesse condizioni di partenza… ed in più con il rammarico di aver sottratto inutilmente risorse preziose ad altre esigenze familiari non meno importanti.
Fino all’ultimo giorno decine madri in silenzio avevano sperato di vedere il nome del proprio figlio inserito nella lista operatoria! La delusione sui loro volti è enorme, ed i loro sguardi fissi e le loro espressioni dure ed impassibili saranno Impossibili da dimenticare. Quanti di questi riusciranno a tornare la prossima volta? E quando sarà la prossima volta?
L’ultimo giorno è dedicato al follow-up degli operati ed alle consegne per i medici dell’ospedale che seguiranno i pazienti. Li rivediamo tutti, uno per uno e nonostante tutte le difficoltà ambientali (ritardo con cui sono stati visti, scadenti condizioni generali, e limiti diagnostici nel definire l’anatomia delle malformazioni) la maggior parte degli interventi ha avuto esito positivo:
nessun re-intervento, 2 complicazioni post-operatorie la cui gestione è lasciata al chirurgo locale guidato via mail dall’equipe di SFC.
Sono stati purtroppo lasciati al loro destino perché non in grado di sopportare l’intervento, 2 neonati prematuri di basso peso con onfalocele gigante infetto, non nati in ambiente protetto e portati in ospedale dopo alcuni giorni. Ma la valutazione dei risultati limitata agli aspetti clinici è assolutamente limitante; sono da tener presenti infatti anche aspetti diversi non sempre considerati nella giusta misura quali:
– L’impatto a lungo termine del “lavoro di equipe integrate” sulla professionalità del personale e sulla
organizzazione delle attività ospedaliere,
– Le conseguenze per la popolazione e quindi per la salute pubblica della continuità di collaborazioni specialistiche non reperibili in loco. La chirurgia ricostruttiva elettiva infatti, in una ottica sociale, incide sulla qualità di vita del malato e della sua famiglia e ne facilita il reinserimento nella società, laddove ne siano stati esclusi a causa di problemi quali l’incontinenza urinaria, l’incontinenza fecale o i “disturbi della sessualità”.
Le conclusioni
Alla fine, constatato l’elevato numero di malati rinviati, dai chirurghi del St. Mary’s Hospital ci vengono chieste sucessive missioni umanitarie in tempi brevi, per non lasciare senza risposte i pazienti meno fortunati che non hanno trovato posto questa volta; inoltre, a conferma dell’acquisita consapevolezza sul peso delle malformazioni congenite per la salute pubblica, viene accettata dall’ospedale la proposta di creare un registro delle malformazioni congenite nell’area di riferimento dell’ospedale che comprende anche 3 centri di salute periferici.
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