Benin

Una missione esplorativa

Periodo

2016

Luogo

Benin, Africa Occidentale

Collaborazioni

Medici in Africa, Genova

Panoramica del paese

Il Benin, superficie circa un terzo dell’Italia con 10 milioni di abitanti, è tra gli stati più poveri dell’Africa ed è la patria originaria della tradizione Vudù.

Quando intorno al 1500 i primi europei raggiunsero il Benin, trovarono le stesse credenze e gli stessi riti ancor oggi praticati. Gli schiavi provenienti da queste terre poi diffusero queste superstizioni nel nuovo mondo, e soprattutto ad Haiti dove si concentrarono molti degli schiavi originari di questi territori.

Si racconta che gli africani dell’attuale Benin fossero di fisico alto e robusto e di carattere mite, e quindi schiavi ideali; essi si rifugiavano nel Vudù per sopportare angherie e violenze, consolandosi con il pensiero di ripagare i propri torturatori con egual moneta.

La tradizione Vudù in realtà, assume le caratteristiche di una religione non scritta: fa riferimento ad un unico dio presente nel cielo più lontano, diviso dal resto del creato per la presenza di una sorta di velo che avvolge la terra e le stelle. Tutti gli uomini ed i prodotti della natura (pietre, alberi, acqua etc.) sono parte di quel dio ma solo alcuni uomini sono in grado di superare il velo etereo e da lì avere la possibilità di agire sulla vita degli altri esseri umani: i feticisti, ai quali è dato il potere di procurare del male ma anche di utilizzare pratiche benefiche per migliorare la vita o far guarire qualcuno.

In ogni villaggio vi sono decine di feticisti che ereditano il potere da qualche parente o si autoproclamano dotati dei necessari poteri speciali.

In una popolazione tanto povera e sofferente, la fede religiosa assume grande importanza e può essere di grande aiuto. In Benin il 30% della popolazione è di fede cristiana, 3% mussulmana ed il restante legato a sette di varia origine, ma il culto Vudù è presente trasversalmente in ogni religione ed ognuno ne ha conoscenza e timore.

Scenario della missione

La Missione si è svolta su invito dell’Associazione Medici in Africa di Genova il cui Presidente, prof. Berti Riboli, sollecitato a supportare l’ospedale “la Croix” a Zinviè nel sud del paese, aveva coinvolto “Surgery for Children – Onlus” dal momento che erano stati segnalati molti pazienti pediatrici con problemi chirurgici ed era stata richiesta una collaborazione continuativa in questo ambito.

L’ospedale era stato fondato negli anni 60 dai padri Camilliani (che ancora continuano a gestirlo), in una zona poverissima e paludosa ad elevato rischio malarico, a 2 ore circa da Cotonou. Era stato appena rimodernato, 130 dipendenti di cui 5 medici e 4 tecnici di anestesia, 180 posti letto distribuiti in una serie di padiglioni come tutti gli ospedali africani, 3 sale operatorie attrezzate in maniera essenziale per oltre 2000 interventi maggiori/anno, e poi laboratorio, radiologia e neonatologia.

Il sostegno economico arrivava quasi esclusivamente dai Missionari Camilliani; i pazienti pagavano un piccolo ticket (per visite ambulatoriali, esami di laboratorio, radiologia, ricovero ed intervento chirurgico), inferiore però a quello degli ospedali governativi, e l’unico aiuto governativo arrivava dal pagamento dei tagli cesarei (150 euro ognuno) istituzionalizzato per favorire l’accesso delle donne in ospedale e ridurre gli elevati rischi dei parti non assistiti nei villaggi.

Padre Marius, missionario camilliano del Benin con studi in Italia, dirigeva l’ospedale insieme ad altri 4 padri che lavoravano da infermieri ed in amministrazione; unico chirurgo, egli collaborava molto con i vari specialisti stranieri che frequentavano periodicamente l’ospedale e lo supportavano per i casi più complessi. Pur dotato di intraprendenza e di ottime capacità, appariva però un istintivo accentratore e di fronte alla complessità dell’organizzazione, non sempre riusciva a seguire ogni cosa.

Il funzionamento dell’Ospedale evidentemente ne risentiva: la qualità dell’assistenza infermieristica era scadente, mancavano i farmaci e le sale operatorie funzionavano a singhiozzo per le frequenti carenze di acqua corrente ed energia elettrica; mancavano inoltre apparecchiature e strumentazione per l’anestesia pediatrica e la chirurgia complessa.

Colpiva inoltre l’assenza di medici tirocinanti e di allievi infermieri che, vista la frequenza delle equipe straniere, avrebbero potuto giovarsi della loro presenza in un’ottica di formazione.

L’ospedale pertanto, pur con un’alta affluenza di bambini con malattie chirurgiche, non appariva adatto ad un progetto di collaborazione specialistica in chirurgia pediatrica; piuttosto la frequenza di malattie su base carenziale quali le malformazioni del Sistema Nervoso Centrale ed il rachitismo, suggerivano la necessità di prevenzione su ampia scala attraverso campagne di supplementazione con acido folico e vitamina D nella dieta.

Surgery for Children non ha più effettuato missioni in Benin.

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