Ambiente e Salute
Indice
La correlazione Ambiente-Salute
I modelli patogenetici delle malattie riletti alla luce dell’attuale ricerca scientifica confermano in maniera sempre più evidente le correlazioni tra la salute dell’uomo e quella dell’ambiente in cui egli vive.
Di conseguenza si vanno modificando anche le modalità con cui le malattie vengono identificate, trattate e vissute dai medici e dalla popolazione.
Cos'è l'Ambiente?
Alla base c’è un’evoluzione del concetto di “AMBIENTE” che, collegato alla “SALUTE fisica e psichica”, è diventato un concetto globale che include non solo l’ambiente naturale (aria, acqua, suolo, clima, cibo, energia) e lo spazio in cui si vive e si lavora, ma anche l’organizzazione ed i servizi con cui viene strutturata la società (sistemi socio-sanitari, di smaltimento rifiuti, di trasporto e progettazione delle città), ed i fattori che condizionano la qualità di vita delle persone, l’accesso alle cure ed il rischio di malattia (stato sociale, stili di vita, stress lavorativo, guerre…).
Inquinamento, clima e guerre
Sono sempre più numerose così, le malattie correlabili in qualche modo con l’Ambiente: tumori, anomalie congenite (AC), malattie degenerative, allergiche, respiratorie, endocrine, gastrointestinali, infettive…
A conferma di questa visione globale, anche nell’ultimo report 2019 “The Lancet Countdown on Health and Climate Change” viene lanciato un allarme congiunto per la salute dell’uomo ed insieme del pianeta. Il report, che è il risultato della collaborazione di 35 istituzioni internazionali che ogni anno monitorano indicatori di tipo sanitario, economico e sociale, ha visto il coinvolgimento di scienziati di ogni disciplina (medici, sociologi, epidemiologi, ecologisti, matematici, ingegneri, economisti, politici, esperti di energia, cibo e trasporti).
Per loro il rischio deriva dalle conseguenze dello inquinamento antropico, cioè causato dall’uomo, e dai cambiamenti climatici. Stranamente però non c’è nessun riferimento ai conflitti armati che pure sono presenti in decine di Stati (ma ne coinvolgono molti di più dal punto di vista politico), e che impegnano centinaia di eserciti tra milizie governative e gruppi di terroristi-separatisti-anarchici. Eppure le conseguenze catastrofiche che le guerre producono per milioni di persone e per il pianeta sono sotto gli occhi di tutti, né mancano documentazioni sugli effetti a medio–lungo termine (in particolare tumori e Anomalie Congenite) nei militari e nei civili coinvolti. Il fenomeno non è interpretabile se non come conseguenza dei contaminanti rilasciati dalle armi durante i conflitti e della loro prolungata persistenza nell’ambiente.
Malformazioni e fattori ambientali
Nello specifico dei Difetti alla Nascita (DN) e delle Anomalie Congenite (AC), essi in parte sono una conseguenza diretta dell’esposizione materna ad Agenti Teratogeni (AT) che attraversano la placenta e danneggiano il prodotto del concepimento, o interagendo con il corredo genetico o attraverso meccanismi epigenetici, ed in parte dipendono da fattori esterni che pregiudicano il percorso ostetrico della donna e che hanno ricadute indirette sul feto (DN). Entrambi i fattori pertanto, sono strettamente collegati alla realtà ambientale.
Occidente vs Paesi a Basso Sviluppo
Nei paesi occidentali il rischio per la salute fetale in gravidanza è concentrato su due aspetti: da un lato malattie materne, carenze nutrizionali e stili di vita “stressanti”, dall’altro l’esposizione agli Agenti Teratogeni durante le attività quotidiane in casa, nel tempo libero, al lavoro o con l’alimentazione.
La paura di una Anomalia Congenita è alla base della diffusione della Diagnosi Prenatale e le maggiori fonti di preoccupazioni per i genitori sono soprattutto farmaci, radiazioni Ionizzanti ed inquinanti chimici. Il rischio ostetrico per il feto è invece piuttosto ridotto grazie all’alto livello di sviluppo sanitario e socio-economico.
Nei paesi a basso sviluppo (PBS) al contrario, i rischi tanto per la salute materna in gravidanza quanto per la salute fetale sono amplificati proprio dal contesto ambientale in cui non solo predominano alti tassi di povertà, bassi livelli di istruzione materna e stili di vita con alto rischio di esposizione ad Agenti Teratogeni, ma sussistono anche limitate opportunità di accesso alle cure pre-natali e scarse qualità nell’assistenza ostetrica.
Embrione e agenti teratogeni
La sensibilità dell’embrione ad agenti potenzialmente teratogeni (sostanze chimiche, agenti biologici, farmaci e radiazioni), è maggiore nel 1° trimestre al momento della differenziazione cellulare nei vari organi e tessuti, ma anomalie funzionali possono svilupparsi anche nel 2° e 3° trimestre di gravidanza. Anche l’esposizione pre-concezionale delle cellule germinali ad agenti esogeni che modificano DNA ed epigenoma dei genitori, predispongono ad uno sviluppo anomalo del feto successivamente.
Non tutte le donne gravide esposte a teratogeni avranno sicuramente un figlio malato. L’eventuale insorgenza di Anomalie Congenite infatti è influenzata da vari fattori: dose, epoca e durata dell’esposizione, suscettibilità del prodotto del concepimento, ed i meccanismi d’azione con cui gli Agenti Teratogeni danneggiano lo sviluppo del feto:
– accentuata apoptosi (cioè eccessiva morte cellulare) con insufficiente sviluppo anatomico dell’organo interessato;
– stress ossidativo;
– alterazione della migrazione cellulare;
– ridotto apporto energetico alle cellule;
– interferenza endocrina;
– danno vascolare;
– azioni epigenetiche con inibizione e/o stimolazione di recettori ed enzimi specifici.
Le conseguenze per il feto sono: morte precoce (aborto) o tardiva, ritardo di crescita, morte neonatale, anomalie endocrine ed immunitarie, e malformazioni strutturali nei vari organi ed apparati (cuore, sistema nervoso, massiccio facciale, apparato uro-genitale e gastro-intestinale, sistema scheletrico). L’incidenza più alta si registra per le malformazioni cardiache e del sistema nervoso (idrocefalo, spina bifida. microcefalia ed anencefalia), per le ipospadia, le labio-palatoschisi, i piedi torti, le ostruzioni urinarie, gli angiomi, le agenesie vaginali ed i genitali ambigui.
Non è semplice stabilire per ogni singola malformazione il collegamento con l’Agente Teratogeno, ma con l’epidemiologia riproduttiva è possibile dedurre la relazione statistica tra l’esposizione ad agenti potenzialmente teratogeni e gli effetti embrio-fetali e neonatali avversi, o all’interno di studi retrospettivi o con sistemi di sorveglianza in territori definiti. In tal caso l’attenzione è focalizzata sull’aumento di abortività ed Anomalie Congenite in rapporto a specifiche produzioni industriali, uso di farmaci (umani e veterinari), pesticidi e diserbanti, eventi quali catastrofi naturali e conflitti armati.
Anomalie congenite come indicatori di inquinamento
Oggi le Anomalie Cogenite sono considerate indicatori precoci di inquinamento ambientale con una latenza di 8-12 mesi dall’evento causale, ben più breve rispetto alla latenza dei tumori che si misura in anni.
La consapevolezza del loro ruolo di “sentinella” per la salute ambientale si è avuta negli anni ’50–‘60 a seguito di alcuni eventi drammatici con gravissime ricadute di ampia portata:
– in Giappone, a seguito dello scarico in mare di tonnellate di mercurio derivante dalla produzione di acetaldeide nella baia di Minamata; il mercurio accumulatosi nei pesci è entrato a far parte della catena alimentare, causando migliaia di malformazioni nelle famiglie dei pescatori della costa,
– in Vietnam durante la guerra (1960-1975) dopo che l’esercito americano aveva irrorato per anni il territorio con 70 milioni di litri di erbicidi e di Agente Arancio, defoliante liquido a base di diossina, con lo scopo di distruggere i raccolti e stanare i Vietcong dalla giungla privando gli alberi del manto vegetale; furono colpite 3 milioni di persone e più di 150mila bambini nacquero con una Anomalie Congenite. Oggi a più di 40 anni dalla fine della guerra, in Vietnam nascono ogni anno ancora 3.500 bambini con malformazioni ascrivibili alla contaminazione di uomini ed ambiente con l’Agente Arancio,
– in Europa con la talidomide, farmaco antinausea, antiemetico e tranquillante prodotto nel 1957 da un’azienda tedesca dopo 3 anni di test sugli animali. La talidomide causò amelia (assenza degli arti) e focomelia (riduzione delle ossa lunghe degli arti) quasi sempre bilateralmente nei neonati del 50-80% delle donne che lo avevano assunto in gravidanza. Al ritiro dal mercato dopo 7 anni, si contarono malformazioni in oltre 10 mila bambini. Da allora sono stati introdotti rigidi protocolli per valutare efficacia e pericolosità dei nuovi farmaci in gravidanza, con obbligo di sperimentazione su almeno due specie differenti di animali, anche se non mancano segnalazioni scientifiche che sottolineano come il modello animale non possa essere un riferimento attendibile, predittivo e sicuro per l’uomo; inoltre l’elenco dei farmaci teratogeni viene continuamente aggiornata sulla base delle segnalazioni cliniche.
Negli ultimi vent’anni poi, è stato documentato anche un marcato aumento della concentrazione dei residui di farmaci nei fiumi, al punto che i farmaci sono ora considerati una nuova categoria di inquinanti ambientali ubiquitari; il loro inserimento in natura può avvenire o con lo smaltimento improprio da parte dell’industria, o attraverso l’eccessivo consumo da parte dell’uomo o negli allevamenti animali intensivi (antibiotici, antiinfiammatori ed ormoni), con conseguente contaminazione di acque e terreno da parte dei residui eliminati con le urine.
Un recente studio dell’università olandese di Nijmegen ha mappato le aree dove gli ecosistemi sono messi a rischio dall’alta concentrazione di farmaci nell’ambiente e comprende anche Africa, Asia e Sudamerica.
Un esempio è il diclofenac, farmaco anti-infiammatorio non steroideo molto utilizzato nell’uomo e negli animali e tra i più frequentemente rilevati nelle acque, che negli anni ‘90 è stato responsabile in India di un danno ambientale sorprendente: un’improvvisa moria per danno renale acuto, di intere popolazioni di avvoltoi che si erano cibati con carcasse di animali in cui era presente il farmaco; il 97% della specie è scomparso.
Altro esempio di inquinamento da farmaci sono i pesci che sviluppano alterazioni della differenziazione sessuale e difficoltà di riproduzione per l’assunzione di ormoni dispersi nelle acque.